Postmoderno
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Autore: Zelindo Trenti
Jean-François Lyotard, (Versailles, 10 agosto 1924 Parigi, 21 aprile 1998), filosofo francese il cui nome è associato al post-strutturalismo e alla post-modernità
1. Il termine
È entrato nell’uso recentemente nelle diverse ricerche disciplinari; soprattutto dopo la pubblicazione di La condizione postmoderna di J. F. Lyotard (1982) è entrato anche nel dibattito filosofico. Ma l’idea di portarsi oltre la modernità è da decenni diffusa nel dibattito europeo.Si possono identificare alcune matrici che ne hanno tenuto vivo l’interesse.
2. Le radici culturali
Cambia la concezione dell’uomo, si modificano i criteri con cui si interpreta l’esperienza umana. Di conseguenza cambia il significato e la funzione della religione.Significativa un’osservazione di Martin Buber: "Io distinguo nella storia del pensiero umano le epoche in cui l’uomo possiede una sua dimora (Epochen der Behaustheit) dalle epoche in cui egli ne è senza (Hauslosigkeit). Nelle prime, l’uomo abita nel mondo come se abitasse in una casa, nelle altre, egli è come se vivesse in aperta campagna e non possedesse neppure i quattro picchetti per impiantare una tenda". (Buber, 1983).
La nostra è un’epoca di transizione. Sono in atto:
una revisione profonda dei valori tradizionali;
una verifica esigente delle istituzioni che li veicolano;
una nuova interpretazione dell’uomo e del suo linguaggio.
È quindi a livello antropologico che va ricercata la chiave della nuova sensibilità culturale. Si va di fatto operando un’interpretazione alternativa dell’uomo: soprattutto vanno cambiando radicalmente il metodo di analisi e gli strumenti di esplorazione.
L’intera prospettiva culturale è sotto revisione:
è saltata la credibilità della tradizione;
il senso già elaborato va verificato;
la cultura è chiamata a offrire strumenti e criteri;
per una revisione e per un’eventuale rielaborazione di senso;
che potrebbe risultare anche diverso, molteplice, precario: ‘debole’.
C’è un passato che si vuole lasciar alle spalle, identificato in concezioni globali e onnicomprensive: il bersaglio è la metafisica e il metodo che la distingue. Un’identità che ha segnato la tradizione è storia passata: il post segna una rottura; e tuttavia il post segna anche una continuità tenace. Per quanto risulti difficile isolare i contorni di una nuova identità culturale, che pure va imponendosi. Alle spalle una concezione unitaria e condivisa del mondo, di cui la metafisica ha rappresentato la più ambiziosa interpretazione. Il sistema hegeliano ne ha costituito la compiuta elaborazione, ma ne ha anche evidenziato il limite.
Ha inoltre suscitato le resistenze più tenaci. Esse rivendicano spazi di piena autonomia della persona (Kierkegaard), di responsabile intervento operativo (Marx). Il pensiero di Nietzsche, la mitica figura di Zaratustra da lui evocata, assurgono a emblema di una visione alternativa. Lo dimostrano studi recenti e di grande respiro, che la cultura vi ha dedicato.
Per quanto concerne specificamente la postmodernità, nella rivisitazione che ne fa Heidegger a partire dalle lezioni tenute alla fine degli anni Trenta e pubblicate solo nel 1961, tradotte in Italia nel 1994, Nietzsche è celebrato quale ultimo araldo della metafisica: ne segna il tramonto. La sua proclamazione emblematica Dio è morto chiude la parabola metafisica e l’elaborazione di significati e di valori, che la distinguevano.
La riflessione di Heidegger pretende di riportarsi alle origini del pensiero occidentale; propone una revisione di tutta la tradizione metafisica che viene rifiutata quale ‘oblio dell’essere’. Costituisce il riferimento centrale di una riflessione che voglia definirsi post-metafisica, postmoderna...
L’affermazione della scienza, il fascino che il metodo scientifico esercita sulla stessa filosofia il titolo di un’opera di Husserl: La filosofia come scienza rigorosa è emblematico costituiscono un’altra traccia da esplorare per cogliere la crisi della tradizione metafisica. Del resto la polemica veemente con la filosofia analitica ha dato la misura della passione con cui è stato condotto il confronto fra sensibilità recente e tradizione. Le posizioni più serene attuali possono essere sintetizzate nello sforzo di Popper di superare il rigido criterio ‘verificazionista’ per aprirsi a procedimenti più universalizzabili. Secondo Popper l’empirismo avrebbe commesso, rovesciando il riferimento, lo stesso abuso dei metafisici razionalisti: presumere una certezza ultima, una esplorazione definitiva del sapere.
Egli rivendica l’esigenza di un ‘tradizionalismo critico’ che procede per congetture, può sempre venir ‘falsificato’ (Popper, 1970); tende a un illimitato affinamento degli strumenti interpretativi e a una altrettanto illimitata efficacia d’intervento. Un processo induttivo più duttile: Popper lo ritiene applicabile oltre che alle scienze della natura anche alle scienze dell’ uomo.
Il dibattito, particolarmente fervido negli anni Sessanta, ha evidenziato i limiti anche della posizione di Popper. Gli viene sostanzialmente rimproverato (Adorno) di approntare una versione mitigata e duttile della stessa logica positivistica.
3. In ambito specificamente comunicativo
Risultano particolarmente interessanti le posizioni di Habermas e di Apel. Habermas va elaborando una propria teoria centrata sull’agire comunicativo: giudica severamente le posizioni della modernità che si concluderebbe sotto il segno dell’incompiutezza. Ritiene indispensabile ripensare il nesso fra ragione, modernità ed emancipazione. Per evitare il rischio che p. significhi neoconservatorismo ritiene indispensabile alimentare il "gioco continuo di riproduzione culturale, interpretazione sociale e strutture di personalità". Apel a sua volta tende a elaborare i parametri di una ‘comunità ideale della comunicazione’ che possa conferire significato e valutazione definitiva a ogni argomentare.Il tema della comunicazione e del linguaggio si fa comunque predominante: si elaborano criteri e condizioni per renderlo autentico e trasparente, in tutte le discipline; anche nella riflessione religiosa (Trenti, 2000). Anzi proprio in questa piena autenticità e trasparenza si fa consistere l’ideale della ricerca e della stessa esperienza umana. L’intreccio della relazionalità confluisce utopicamente nella ‘società trasparente’. In realtà approda a una fluttuazione irrisolta, in cui il gioco delle interferenze risulta imprevedibile e incrina permanentemente la stabilità dell’universo in cui l’uomo è immerso.
Di qui la precarietà la ‘debolezza’- di ogni interpretazione che sta a presupposto di un certo orientamento filosofico attuale. La nostra sta diventando una società della comunicazione e delle scienze sociali. E la stessa articolazione delle scienze umane confluisce in una descrizione che nelle teorie più esigenti tende a essere sempre più esaustiva e ‘trasparente’. Ha comunque tacitato ogni esigenza di fondazione definitiva e di permanente stabilità (Vattimo, 1989).
Si sarebbe cioè pervenuti alla fine della metafisica e delle certezze che lungo l’intera tradizione occidentale aveva saputo garantire.
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Bibliografia
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- BAUMAN Zygmund, Il disagio della postmodernità, Mondadori, Milano 2002.
- BUBER Martin, Il problema dell'uomo, ELLEDICI, Leumann (TO) 1983.
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- PAREYSON Luigi, Verità e interpretazione, Mursia, Milano 1982.
- POPPER Karl, Logica della scoperta scientifica, Einaudi, Torino 1970.
- SCOPPOLA Pietro, La cristianità perduta, Studium, Roma 1986.
- TRENTI Zelindo, Educare alla fede, ELLEDICI, Leumann (TO) 2000.
- VATTIMO Gianni, La società trasparente, Garzanti, Milano 1989.
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Note
Come citare questa voce
Trenti Zelindo , Postmoderno, in Franco LEVER - Pier Cesare RIVOLTELLA - Adriano ZANACCHI (edd.), La comunicazione. Dizionario di scienze e tecniche, www.lacomunicazione.it (21/11/2024).
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